Jonio: le metastasi del localismo investono tutto il comparto sanitario.
Scampoli di campanile e incapacità a guardare lontano stanno distruggendo quel poco di sanità rimasta.
La vicenda sanitaria jonica sta assumendo caratteristiche che definire grottesche sarebbe un eufemismo.
All’improvviso si decide di chiudere un reparto di terapia intensiva per carenza di personale dedicato. Tale evento, nei fatti, delegittima la permanenza stessa di un presidio Spoke, già minato nella sussistenza in vita da quando l’area dell’Alto Jonio è stata, innaturalmente, aggregata allo Spoke di Castrovillari. Un Presidio di Primo Livello per essere giustificato deve rivolgersi ad un’utenza non inferiore a 150mila abitanti, che, ad oggi lo Spoke jonico non ha più, anche se taluni, dal vacuo pensiero, amano immaginare che il Distretto Sanitario e quello Ospedaliero coincidano. Se a questo aggiungiamo che senza il reparto di terapia intensiva non possono essere giustificate prestazioni ospedaliere tipiche dei reparti al primo collegati, va da sé che stiamo assistendo al declassamento ad ospedale di base.
Colpisce maggiormente nella lettura dei fiumi di note a riguardo che si continui a guardare al dito e non alla luna. Si parla di mancati innesti a rimpinguare gli organici, di difficoltà gestionali, in taluni casi anche di atteggiamenti “mafiosi”, ma pochi dicono che è impensabile ed oltremodo ridicolo immaginare che due plessi dello stesso ospedale (perché se ancora non è chiaro meglio ribadirlo: il Compagna ed il Giannettasio sono un’unica struttura divisa su due plessi e non due ospedali) possano ospitare reparti fotocopia.
Quale logica deviata può consentire una commistione tra le aree chirurgiche e quelle mediche nei due plessi? Quali arcani motivi possono giustificare tali sciagurate scelte gestionali quando il “decreto 64” prevedeva una netta distinzione fra le due aree da collocare preclusivamente una in un presidio, l’altra nell’altro?
In tutto questo manicomio gestionale proliferano personalismi da pennacchio, mentre l’anello debole continua ad essere rappresentato dalla collettività. Non già della sola Corigliano-Rossano, ma di tutto quell’ambito che dall’Alto Crotonese fino alla Lucania si ritrova oggi senza un ospedale di Primo Livello.
È normale che in una condizione di assoluto affanno, con la già grave carenza d’organico, tenere divise nei due plessi le figure degli Anestesisti è un lusso che proprio non possiamo permetterci. È lapalissiano che reparti come chirurgia, ginecologia (quindi nido e pediatria) nonché ortopedia non possano essere dislocati tra l’area Bizantina e quella Ausonica, a mo’di suddivisione dei pani e dei pesci, poiché questi devono giacere a stretto contatto (per la loro sussistenza) con un reparto di Rianimazione.
E si badi bene, quanto appena asserito non è un principio di volontà centralista, ma semplicemente una chiara e limpida organizzazione che non presterebbe, altresì, il fianco ad atteggiamenti isolazionisti che l’Asp non ha mai risparmiato all’area Jonica. Invero riverbererebbe benessere a tutta la città di Corigliano-Rossano e relativo Circondario, prescindendo da quali saranno le scelte di allocazione delle due aree d’intervento, siano esse impiantate nella circoscrizione Ausonica o Bizantina.
A ciò si aggiungano le annunciate vicende che nelle prossime settimane impatteranno l’area Neonatale dello Spoke Sibarita, dove assisteremo nuovamente a pantomime spicciole pur di ricevere in prestito (con diritto di riscatto) una figura sanitaria da altre Aziende. Ancora, le recenti dichiarazioni del Presidente f. f. della Regione circa l’ospedale di Cariati, in cui si cerca di scaricare, su una popolazione che da mesi chiede la riattivazione del Presidio, le mancate scelte in tal senso, che restano attribuibili solo a titubanze politiche oggettivamente tendenti all’assurdo. La tragicomica farsa sulla riattivazione dell’ospedale di Trebisacce sul quale anche le sentenze del Consiglio di Stato sono state disattese. Il perenne disagio dei due Presidi di Montagna (Acri e San Giovanni in F.) e la condizione di abbandono delle aree interne lasciate senza un servizio di guardia medica quasi a relegarle nel più completo dimenticatoio. I mancati lavori di adeguamento del P. S. di Crotone, sbandierati da anni e mai realizzati, ed il gioco è fatto.
Si continua ancora, imperterriti, a non voler risanare una peculiarità tutta calabrese: lasciare nell’ambito delle ASP la gestione dei Presidi ospedalieri non HUB, generando una commistione tra sanità ospedaliera e territoriale che non ha eguali.
Non c’è più tempo per giocare al ruolo delle prime donne!
La politica, è chiamata ad assumere atteggiamenti di coraggio che siano riguardosi delle popolazioni joniche e che parlino con spirito di coralità.
Non è pensabile continuare a grugnire incomprensibili richieste e poi essere pronti col cappello in mano a raccogliere gli scarti che i poteri centralisti lanciano nella desolata arena jonica, dove i gladiatori hanno lasciato il posto ai personaggi in cerca d’autore. Fazioni, steccati, muri, attagiamenti isolazionisti e di chiusura al territorio prestano il fianco al centralismo che continuerà a dividere, allontanando sempre più l’agognata emancipazione dei servizi in ambito sanitario e non solo, condannandoci a vivere in ginocchio.
Domenico Mazza — Cofondatore Comitato per la Provincia della Magna Graecia