Intelligence, Carlo Jean: Al Master dell’universita’ della Calabria
RENDE (28.4.2018) – «In questo mondo non si può essere statici. E’ un mondo globalizzato, in cui le interconnessioni economiche tra gli Stati sono aumentate, a differenza di quelle fiscali e sociali. In questo quadro è necessario sostenere i punti di forza per riuscire a recuperare i punti di debolezza». E’ quanto ha dichiarato il generale Carlo Jean intervenendo alla lezione del Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri. Jean ho provveduto sostenendo che “ Le recenti vicende geopolitiche hanno visto riconfigurarsi il ruolo di grandi potenze come gli Stati Uniti d’America e la Russia mentre assistiamo all’esponenziale sviluppo di Paesi come Cina ed India».
«Il collasso dell’Urss aveva suscitato grandi speranze che il sistema liberale avrebbe dominato il pianeta – ha proseguito – ma questa fiducia è stata scossa dalle guerre balcaniche e dall’11 settembre ». Ha quindi ricordato che “Samuel Huntington ipotizzò che le conflittualità del mondo non sarebbero state più tra ideologie ma tra piccole identità locali, con conseguente aumento delle turbolenze: il fenomeno si è infatti verificato in tutta Europa e nei paesi della ex Jugoslavia, dove si è passati dalla fine delle ideologie al rifugio nelle piccole patrie. I mercati, al contrario, hanno subito una fortissima tendenza unificatrice, favorita dallo sviluppo tecnologico e dalle multinazionali. Infatti i capitali vengono collocati dove c’e convenienza. Gli Stati, invece, hanno perso il controllo della ricchezza, in termini di distribuzione, accentuando le differenze sociali”.
Per Jean “La Russia, dal canto suo, soffia sul vento dei localismi per indebolire l’Europa. In questo, il Presidente Vladimir Putin si conferma un grande stratega affiancato da una classe dirigente che segue una logica imperiale, ragionando sul lungo periodo.
«Questo sarà ancora il secolo americano – sostiene il Generale – e quindi la politica di Kissinger continuerà a durare. L’egemonia militare degli Usa, che investono circa 700 mld di dollari in spese militari, non corrisponde ad un ruolo politico che si è notevolmente affievolito rispetto al passato. Ciò nonostante, Jean ipotizza che solo tra il 2060 ed il 2070 il ruolo centrale degli Usa potrà essere messo in discussione dalla Cina, che spende attualmente in armamenti 230 miliardi di dollari. La stessa Cina, però – spiega ancora – presenta diverse vulnerabilità e soprattutto risente di una endemica prevalenza delle regioni interne rispetto a quelle marittime. Anche per questo sta sostenendo con investimenti notevoli la nuova via della seta marittima e terrestre. Il Paese del dragone soffre pure della endemica carenza d’acqua; basti pensare che la popolazione cinese rappresenta il 20 % della popolazione mondiale mentre detiene solo il 6 % dell’acqua potabile del pianeta. Per questi motivi la Cina cerca di conquistare i mercati esteri, occupando innanzitutto l’Africa per assicurarsi il cobalto dello Zaire e l’iridium, fondamentale per immagazzinare l’energia elettrica prodotta dalle fonti rinnovabili».
Jean ha poi analizzato la situazione geopolitica del nostro Paese, sostenendo che l’accordo Merkel-Macron ci riguarderà molto da vicino. «L’Italia ha utilizzato male la flessibilità del debito concessa dall’Unione Europea poiché, anziché sostenere il credito, ha finito per espandere la spesa pubblica anche attraverso l’attivazione di vari bonus che non hanno inciso sulla produttività». Inoltre, a proposito di Ue, il generale Jean ha sottolineato come l’Italia restituisca ogni anno 8 miliardi di euro alla Comunità europea rispetto a quelli che riesce ad utilizzare; una cifra che si attesta intorno allo 0,5% del PIL. «Occorre – ha ribadito – un più efficace utilizzo dei fondi europei. La strada della diminuzione del cuneo fiscale è decisiva ma difficilmente percorribile, perché necessiterebbe di una drastica riduzione della spesa pubblica che nel breve periodo corrisponderebbe ad un elevato disagio sociale».
A conclusione dell’incontro Jean ha analizzato il tema dello sviluppo del mezzogiorno d’Italia. Secondo il suo punto di vista «lo sviluppo del Mediterraneo, in Italia non favorisce le regioni del sud ma quelle del nord perché sono più attrezzate dal punto di vista industriale. Occorrerebbe una riforma dello Stato che creasse le condizioni per investire al sud e la risposta non può essere più quella assistenziale”.
Così «il futuro del sud potrebbe essere quello di accogliere i sempre crescenti anziani del centro e del nord Europa» ma, ancora una volta, «per realizzare queste politiche occorrerebbe un sistema sanitario efficiente che, in Italia, è presente principalmente al Nord».