Grande successo per l’iniziativa “Nomi, cose, città. R come Reggio”
Grande successo per l’iniziativa “Nomi, cose, città. R come Reggio”, organizzata per conoscere e riconoscere chi sente e vive da straniàto il rapporto con Reggio Calabria e che, almeno una volta nella vita, si è posto la domanda: andare o restare?
L’evento, che si è svolto domenica 23 dicembre presso il Cheers, è stato organizzato da un gruppo di reggini attivi da anni nel campo della cultura, del sociale e della cittadinanza attiva. Un incontro nato per stimolare la riflessione su una nuova idea di cittadinanza ed il dibattito sui problemi e le risorse della città di Reggio. Primo obiettivo dichiarato è arrivare alla redazione di un “Manifesto Città” frutto delle esigenze e dei temi emersi durante l’incontro. E in tanti, in una sala stracolma, hanno preso parte attivamente al dibattito e fissato temi, urgenze, peculiarità ed esperienze personali legate alla città di Reggio. “Quella di stasera è una riunione politica – ha esordito Saverio Pazzano -, una riflessione politica del tutto indipendente da qualunque partito e movimento, lontana dalle precedenti e dalla attuale pagine amministrative”. Una riflessione politica per incontrarsi su ciò che riguarda la Polis in un periodo in cui lentamente, senza che ce ne accorgessimo, abbiamo ridotto a zero lo spazio delle riflessioni politiche, lo spazio civile in cui è possibile guardarsi in faccia e riconoscersi e dirsi: “che ci facciamo, qui, insieme?”. Questa è Politica. Nel momento in cui questo sentire dissonante rispetto alla città ci convoca all’impegno. Ci riguarda.
Tanti gli interventi che si sono susseguiti. La traccia era stata lanciata nei giorni precedenti all’evento con la pagina Facebook “Nomi, cose, città. R come Reggio” con i racconti di chi da Reggio è andato via, di chi è rimasto e di chi è andato e poi tornato. Un modo per dare voce ad una generazione di esiliati, che è la maggioranza.
In due ore e mezza dense di spunti di riflessione è stato dato “nome” ai sentimenti che legano, ma al contempo respingono, tutta una generazione di reggini, alle nostre storie di straniàti ed esuli, ai problemi e alle risorse della città. “L come lavoro” che spesso non c’è o è mal pagato, la cui ricerca costringe tanti giovani ad andare via per poter raggiungere una realizzazione professionale; “B come bellezza” troppo spesso calpestata da operazioni dissennate che trasformano in negativo la pelle della città; “P come periferie” che trasformano la lontananza in marginalità; “T come turismo” sempre associato ad un’idea di sviluppo, ma non sempre di pari passo con lo sviluppo di un sistema che lo favorisca. E ancora “R come rassegnazione” di chi vive come una sconfitta non poter lavorare nella propria città, ma anche “R di resistenza” di chi ha trovato spazi per investire in maniera sana su questo territorio; “W come welfare”, ma anche “W come Winner”, un ventenne africano arrivato a Reggio due anni fa. “Questa città siamo noi – ha detto il giovane durante il suo intervento -, le persone che la vivono”. Da questo noi, ampio ed inclusivo, la città potrebbe cominciare a ripensarsi e riconnettersi.
“Nomi, cose, città. R come Reggio” ha lanciato un seme per compiere questo tentativo di riconnessione, ha dato un nome alle cose, ha proposto azioni e sta lavorando ad una nuova idea di città che avrà a breve una sua tappa in forma di Manifesto e che, perché no, potrebbe arrivare lontano.