Da un commissario all’altro la sanità calabrese è quasi morta!
Il governo ha proceduto, in questi giorni, a commissariare l’ASP 5 di Reggio Calabria e tutte le strutture della provincia tranne il Grande ospedale metropolitano della città. In pratica ne ha decretato lo scioglimento per infiltrazioni della ‘ndrangheta.
È questo un epilogo atteso, in qualche modo scontato, dopo che nel luglio scorso era stato disposto l’insediamento di una commissione d’accesso antimafia. Nonostante una decisione di questo tipo la cronaca degli ultimi mesi ha dovuto continuare a interessarsi di questo settore.
Non ci riferiamo solo ai “servizi” sensazionalistici delle Iene che tanto clamore hanno fatto, tanto da spingere il Prefetto a visitare l’ospedale di Locri e la ministra Grillo a paventare l’invio dell’esercito per allestire “Ospedali da campo”.
Non si può sottovalutare, facendo passare tutto come normale amministrazione o semplici ruberie, il fatto che in poco più due mesi, da dicembre ad oggi, la magistratura reggina abbia operato ben tre interventi sanzionatori nei confronti dei gestori privati per inadempienze gravi.
Non è assolutamente accettabile che si degradino i servizi sanitari contribuendo a creare una cortina fumogena che serve solo ad aumentare la sfiducia che i cittadini già hanno nelle istituzioni, senza concorrere a migliorare il livello delle prestazioni. Non è neanche giusto buttare il bambino con tutta l’acqua sporca, a fronte del fatto che nei servizi sanitari pubblici operano tanti oss, infermieri e medici volenterosi e competenti che, di fatto, la dirigenza sanitaria e la fallimentare programmazione, tutta volta al rientro del deficit economico, ha abbandonato a loro stessi.
Se è vero che la sanità calabrese ha un debito di 200 milioni di euro e che il turismo sanitario, negli ultimi dieci anni, ha visto circa 600 mila pazienti cercare servizi sanitari fuori regione, non sembra che in questo lungo periodo ci sia stata la volontà politica, da parte dei responsabili, di organizzare i servizi in modo da offrire prestazioni di qualità.
È fisiologico che, in una realtà territoriale in cui la trasparenza amministrativa non è una virtù, si sviluppino pratiche di interferenze illecite nella conduzione amministrativa degli enti, negli appalti dubbi e nell’affidamento dei servizi e delle forniture, gare strane e incomprensibili proroghe negli affidamenti.
Basti solo ricordare che l’Asp di Locri ha continuato a retribuire personaggi destinatari di condanna, seppur non definitiva, per mafia e diversi altri reati. Fra costoro, c’è stato anche Alessandro Marcianò, l’ex caposala dell’ospedale di Locri, accusato come mandante dell’ex presidente del Consiglio regionale, Francesco Fortugno.
Molto grave è risultata la gestione finanziaria dell’ASP, dove si liquidavano fatture anche due o tre volte alle strutture convenzionate. È significativo che siano finiti in carcere gli amministratori di Villa Aurora, per lo scandalo societario che li ha visti incassare dalla Regione grosse somme non dovute.
Ancor più emblematico che il responsabile dell’ufficio pagamenti dell’Azienda, si sia auto liquidato grosse cifre, circa 210 mila euro, ed abbia incassato somme consistenti destinate alla moglie, anche dopo la morte della stessa.
Incongruenze importanti hanno riguardato anche il servizio residenziale per i pazienti psichiatrici, per problemi riconducibili ad anomalie nel sistema dell’accreditamento delle strutture.
Questo sistema ha portato ad una sistematica conflittualità tra la Regione e le strutture private convenzionate tanto che le stesse più volte hanno organizzato proteste e minacciato serrate interrompendo l’accesso alle loro prestazioni e non accettando le impegnative.
Ai privati è stato garantito il funzionamento in regime di proroga come ha previsto anche il Decreto del Commissario Ad Acta Cotticelli n. 37 del 22 febbraio 2019.
Potere al popolo di Reggio Calabria denuncia l’estrema gravità di questa situazione, rifiutando il teorema che lo stato di emergenza lo debbano pagare, ancora una volta, i cittadini bisognosi di prestazioni sanitarie di qualità e non da Paese terremotato.
La sanità calabrese si può rilanciare a partire dalla chiusura dei tanti commissariamenti e da una programmazione che metta, finalmente, al centro dell’interesse, l’assistito.
Bisogna ridare slancio e dignità alla sanità pubblica, togliendo il profitto da un settore fondamentale per tutti i cittadini, rompendo quel meccanismo che vede troppo spesso la gestione della sanità mero strumento di potere, di controllo, centro di clientele e malaffare.
È ormai ineludibile un piano di programmazione poliennale che, invece del rientro finanziario, guardi seriamente alla realizzazione dei presidi ospedalieri già in itinere e ne sblocchi quelli in fase di progettazione come quello Metropolitano di Reggio Calabria.
Il governo deve, urgentemente, superare il mancato turn-over (è da dieci anni che non si assume più) e procedere velocemente al reclutamento del personale sanitario mancante (circa 8.000 unità in tutta la Calabria, tra paramedici e specialisti, non dimenticando anche l’ulteriore personale che sarà posto a breve in pensione con l’istituto della cosiddetta quota 100).
Lo sfascio del malgoverno della sanità non possono pagarlo sempre i cittadini incolpevoli!
Potere al Popolo! – Reggio Calabria