Carmine Abate, Un paese felice, Mondadori
Le pietre con cui sono state costruite le case di Eranova, in Calabria, parlano la lingua della leggenda e sono impastate di un magma ribollente capace di travolgere il mondo per come ci viene consegnato. Negli anni Settanta Eranova è ancora un paese giovane, fondato nel 1896, quando alcuni massari e contadini si ribellarono al marchese proprietario delle terre in cui vivevano per rivendicare la propria libertà, dare sostanza a un’utopia, edificarla in pietra e carne. Lo sa bene Lina, una studentessa idealista e caparbia come i fondatori del suo paese. Quando Lorenzo la incontra all’università di Bari, ignora il motivo dell’inquietudine che si annida nei suoi occhi verdi, non sa che Eranova rischia di sparire per far posto al quinto centro siderurgico italiano. Lina non si dà pace, e cerca di convincere la gente a lottare contro questa colossale follia, utile solo per riempire le tasche voraci della ‘ndrangheta. Aiutata da Lorenzo, scrive appelli al presidente della Repubblica, al papa, al presidente del Consiglio, a politici e persino a Pasolini, conosciuto in una libreria di Bari, perché blocchino il progetto, prima che sia troppo tardi. Carmine Abate dipinge il quadro di un’Italia pronta a cedere alle lusinghe del benessere, timorosamente fatalista, in balìa delle emergenze politiche e sociali. E lo fa attraverso la sua scrittura densa e scattante, potente ed evocativa. Un paese felice è un’abbagliante storia d’amore e di rabbia, di destini individuali e destino collettivo, di “violenza delle memorie” e, nonostante tutto, di speranza. Perché protagonisti sono due giovani conquistati dalla forza dell’utopia, che lottano contro i potenti e non rinunciano a portare il loro impegno nel flusso indifferente della Storia. Attorno a loro, un coro di voci possenti e vive che incrociano la storia di un secolo, catturano la nostra coscienza e rendono attualissima e universale la vicenda di Eranova.
Carmine Abate è nato a Carfizzi, un paese arbëresh della Calabria. Emigrato da giovane ad Amburgo, oggi vive in Trentino. Come narratore, ha esordito in Germania con Den Koffer und weg! (1984) e in Italia con Il ballo tondo (1991), cui sono seguiti raccolte di racconti e romanzi di successo. I suoi libri, vincitori di prestigiosi premi, sono tradotti in numerosi Paesi. Con La collina del vento (2012) ha vinto il 50° Premio Campiello.
Viola Ardone, Grande meraviglia, Einaudi
Elba ha il nome di un fiume del Nord: è stata sua madre a sceglierlo. Prima vivevano insieme, in un posto che lei chiama il mezzomondo e che in realtà è un manicomio. Poi la madre è scomparsa e a lei non è rimasto che crescere, compilando il suo Diario dei malanni di mente, e raccontando alle nuove arrivate in reparto dei medici Colavolpe e Lampadina, dell’infermiera Gillette e di Nana la cana. Del suo universo, insomma, il solo che conosce. Almeno finché un giovane psichiatra, Fausto Meraviglia, non si ficca in testa di tirarla fuori dal manicomio, anzi di eliminarli proprio, i manicomi; del resto, è quel che prevede la legge Basaglia, approvata pochi anni prima. Il dottor Meraviglia porta Elba ad abitare in casa sua, come una figlia: l’unica che ha scelto, e grazie alla quale lui, che mai è stato un buon padre, impara il peso e la forza della paternità. Con la sua scrittura intensa, originale, piena di musica, Viola Ardone racconta che l’amore degli altri non dipende mai solo da noi. È questo il suo mistero, ma anche il suo prodigio.
Viola Ardone (Napoli 1974) insegna latino e italiano al liceo. Per Einaudi Stile Libero ha pubblicato i due best seller Il treno dei bambini (2019) e Oliva Denaro (2021), tradotti in tutto il mondo, e Grande meraviglia (2023).
Chiara Galeazzi, Poverina, Blackie Edizioni
Vi è mai capitato, mentre siete comodamente seduti sul divano di casa, di non sentire più metà del vostro corpo, e finire ricoverati d’urgenza per un’emorragia cerebrale? No? A Chiara Galeazzi sì. A 34 anni. Questo libro è il racconto – pieno di umorismo, emozione e senza alcuna retorica, né «guerriere» o «eroine» – di quello che è successo dopo. La diagnosi inaspettata, la paura che la vita sia cambiata per sempre, le strane rassicurazioni dei medici («che fortuna avere un ictus da giovani!»), i No Vax che le augurano la morte, i racconti surreali della fauna ospedaliera.
E ancora la ricerca di una causa che non si trova, la lunga riabilitazione, la noia e le ciabatte ortopediche. Il tutto sotto lo sguardo compassionevole e allo stesso tempo mortificante delle altre persone, che pensano e dicono all’unisono: «Poverina».
Chiara Galeazzi è nata a Milano nel 3 dicembre 1986. Nel 2010 ha iniziato a lavorare da VICE Italia dove è rimasta cinque anni come magazine editor, host di reportage e presentatrice del programma TV Vice on SkyTG 24. Successivamente ha lavorato due anni per Rolling Stone come web editor e giornalista.
Greta Pavan, Quasi niente sbagliato, Bollati Boringhieri
Brianza, terra dai confini incerti, paesaggio di asfalto e capannoni, provincia ricchissima, dove la religiosa devozione al lavoro sembra essere l’unico parametro riconosciuto per la definizione di rapporti e identità. Ma per Margherita, nata nel 1990 in una delle tante famiglie venete emigrate in Lombardia nel dopoguerra, il benessere è una chimera da contemplare da lontano. Sfiancata dal susseguirsi di lavori senza prospettiva e a cui sembra destinata solo in quanto donna, svuotata dalla minaccia costante della precarietà e svilita da un’umanità ambigua, fatta di personaggi in cui albergano a un tempo colpa e innocenza, per Margherita rimane solo il sogno della fuga. Coltiva l’ossessione di Milano, attraente come una terra promessa, e di un lavoro come giornalista, forse unica possibilità rimasta per provare a fare sentire la propria voce. E sola alternativa a quella violenza che, goccia dopo goccia, quasi niente, rischia di trasformarla in tutto ciò che ha sempre rifiutato. Con “Quasi niente sbagliato” Greta Pavan ha scritto un romanzo di formazione, un autentico spaccato generazionale, una storia sull’appartenenza e sull’affermazione di sé che prova a rispondere a una domanda esistenziale: se il male sia ciò che riceviamo o quello che ci portiamo dentro.
Greta Pavan è nata a Desio, in Brianza, nel 1989. Dopo la laurea in Comunicazione interculturale, conseguita a Torino, ha studiato editoria alla Scuola di scrittura Belleville. Oggi vive a Milano, dove lavora come editor freelance. Quasi niente sbagliato ha ricevuto la Menzione Speciale della giuria del Premio Calvino 2022.
Francesco Piccolo, La bella confusione, Einaudi
La storia del cinema non è poi cosí diversa dalla vita: apparentemente lineare, ma costellata di incontri fortuiti, appuntamenti rincorsi o mancati, decisioni prese all’ultimo minuto e imprevedibili coincidenze. Fatalità cruciali che permettono a un’opera di venire alla luce, con le precise caratteristiche che poi tutti ricorderanno. La scelta di un’attrice, la luce sul set, le vicissitudini sentimentali del regista o di un comprimario – cosí come i tagli nel budget o una scena cambiata all’improvviso – possono scrivere a modo loro una pagina del genio universale. Il 1963 è stato l’anno di Fellini e di Visconti. Un anno decisivo per il cinema italiano, che ha visto la nascita di Otto e mezzo e Il Gattopardo. Ma prima di diventare i capolavori che ben sappiamo erano due incredibili scommesse, nonché il campo di battaglia tra due artisti rivali e profondamente diversi: mentre Claudia Cardinale cambiava il colore dei capelli secondo il capriccio di chi la dirigeva, l’intero contesto culturale italiano si stava preparando a sposare l’una o l’altra visione del cinema e del mondo. Ecco cos’è La bella confusione: inseguendo come un detective le figure e gli episodi che hanno fatto la Storia, Francesco Piccolo ha setacciato lettere, filmati, appunti e diari, interviste, pettegolezzi, testimonianze. Perché in questo romanzo diverso da qualsiasi altro romanzo i personaggi si chiamano Marcello Mastroianni, Ennio Flaiano, Sandra Milo, Tomasi di Lampedusa, Camilla Cederna, Suso Cecchi d’Amico, Burt Lancaster e Pier Paolo Pasolini. Muovendosi tra il mito e l’aneddoto, la voce inconfondibile dell’autore di Il desiderio di essere come tutti risveglia milioni di ricordi e ci regala la luce perduta di un’epoca. Un documentario fatto di parole: la potenza dell’arte, i segreti del cinema, i duelli di un’Italia che non sapremmo piú immaginare.
Francesco Piccolo (1964) è scrittore e sceneggiatore. Gli ultimi libri, tutti pubblicati da Einaudi, sono: La separazione del maschio, Momenti di trascurabile felicità, Il desiderio di essere come tutti (Premio Strega), Momenti di trascurabile infelicità, L’animale che mi porto dentro, Momenti trascurabili vol. 3 e La bella confusione. L’anno di Fellini e Visconti. Negli Einaudi Tascabili sono stati riproposti: Storie di primogeniti e figli unici, Allegro occidentale e L’Italia spensierata. Ha firmato, tra le altre, sceneggiature per Paolo Virzí, Francesca Archibugi, Nanni Moretti, Marco Bellocchio, Daniele Luchetti, Silvio Soldini, e anche le serie tv L’amica geniale e La vita bugiarda degli adulti. Collabora con «la Repubblica».
Veronica Raimo, La vita è breve, eccetera, Einaudi
Una scrittrice in crisi cede alle richieste via via più insidiose dell’anziana vicina, con inaspettate ricadute sul suo romanzo. Una promessa della danza scopre con il suo maestro le possibilità del proprio corpo, e del proprio piacere. Mentre un aereo si schianta contro un grattacielo, una ragazza di «bella presenza» ma dai denti strani progetta la fuga dalla villa degli zii, ben difesa da una schiera di nani da giardino, e da un arsenale di armi nell’armadio. E poi, una donna si sveglia dopo la prima notte nella sua nuova casa e trova sullo zerbino un ortaggio minaccioso. E ancora, due studentesse universitarie finiscono per non capirsi più quando una si taglia i capelli. Eccetera. In questi racconti dissacranti, a volte più malinconici a volte più divertenti, c’è un filo fortissimo a unire le storie: uno sguardo libero sulle donne e le loro relazioni. Donne troppo pigre per essere ribelli, razionali eppure scaramantiche, capaci di inventare mondi immaginari solo per mandarli in frantumi. Fanno sesso, disinibito o goffo, hanno le idee chiare oppure mentono, molto spesso. Hanno tanti progetti ma gli impegni sono gabbie. Sanno cosa significa bramare qualcosa ma non cosa significa averla a cuore. Eccola qui di nuovo la scrittura graffiante e sensuale di Veronica Raimo, che ci fa ridere e subito dopo ci sferra un colpo durissimo, demolendo sempre le nostre rassicuranti convenzioni.
Veronica Raimo è nata a Roma nel 1978. Ha scritto i romanzi: Il dolore secondo Matteo (minimum fax 2007), Tutte le feste di domani (Rizzoli 2013) e Miden (Mondadori 2018), uscito in UK, Usa e Francia. Nel 2019 ha scritto il libro di poesie Le bambinacce con Marco Rossari (Feltrinelli). I suoi racconti sono apparsi su diverse antologie e riviste, sia in Italia che all’estero. Ha cosceneggiato il film Bella addormentata (2012) di Marco Bellocchio. Si occupa di giornalismo culturale per diverse testate. Ha tradotto dall’inglese, tra gli altri: Francis Scott Fitzgerald, Octavia E. Butler, Ray Bradbury. Per Einaudi ha pubblicato Niente di vero (2022, Premio Strega Giovani e Premio Viareggio-Rèpaci sezione Narrativa, e 2024), tradotto in diversi Paesi, e La vita è breve eccetera (2023).
Raffaele Simone, Jazz Cafè, La nave di Teseo
Un austero avvocato commissiona a un enigmatico maltese un atroce delitto. Un giovane, a cui i funerali del papa impediscono di rientrare a casa, è costretto, nell’attesa, a ripercorrere la sua vita e a tentare di correggerne gli errori. Un uomo e una donna, incontrandosi per caso all’Elba, intravvedono uno spiraglio di felicità. Dopo un appuntamento mancato a Chicago, una giovane studiosa resta impigliata in un groviglio di incontri e di ricordi di cui non viene a capo. Un magistrato in missione a Parigi torna tormentosamente su un terribile delitto che gli è toccato giudicare e riesamina dentro di sé la giustizia che ha amministrato e in cui non crede. Un letterato di rango viene inaspettatamente invitato a una reunion con compagni di studi che non vede da anni e si ritrova tra persone che non riconosce più. Dal suo letto di ospedale, un uomo dal cognome curioso richiama alla mente un amore perduto e scopre che non tutto era quel che pareva…
In questa raccolta di racconti Raffaele Simone dà vita a una serie di personaggi che hanno, malgrado la diversità dei loro destini, qualcosa in comune: la ricerca inesausta di quella scheggia di felicità e di giustizia forse concessa agli umani.
Una serie di storie che avanzano senza respiro, sospinte da un vibrante intreccio di tonalità, animate da personaggi stranianti e irresistibilmente comici e da una fitta rete di evocazioni letterarie. Sullo sfondo, grandi città inquiete, potenti notturni, vaste marine, movimenti di folle, inattesi impromptus musicali, improvvise irruzioni di versi. Mentre lo sguardo del narratore passa dal campo largo al dettaglio più minuto, dal cielo aperto sopra Roma o Parigi alla rosa bianca che una donna tiene alla vita.
Raffaele Simone è di professione un linguista, professore emerito dell’Università Roma Tre. Membro di accademie e ordini (Académie Royale belga, Accademia della Crusca, Ordre des Arts et des Lettres di Francia), più volte Honoris Causa, ha insegnato in diversi paesi. Nel 2022 gli è stato attribuito il Prix de l’Institut de France per la carriera. È autore di innumerevoli lavori tecnici e ideatore di opere lessicografiche originali (tra cui il Grande dizionario analogico della lingua italiana e l’Enciclopedia dell’Italiano). È anche autore di saggi sulla modernità tradotti in più lingue e vincitori di numerosi premi: Presi nella rete. La mente ai tempi del web (2012); Come la democrazia fallisce (2015; Prix du Livre Européen 2017); L’ospite e il nemico. La grande migrazione e l’Europa (2018). Tra i suoi lavori recenti, Il software del linguaggio (2020), La grammatica presa sul serio (2022) e Divertimento con rovine (2022). Nel 2012 ha pubblicato un romanzo, Le passioni dell’anima, pluripremiato e tradotto in diverse lingue.
Daniele Rielli, Il fuoco invisibile, Rizzoli
Si può raccontare un dramma ecologico e sociale come se fosse un incalzante romanzo a più voci? È quello che fa Daniele Rielli in questo libro in cui, cercando di capire cosa sta uccidendo gli ulivi della sua famiglia, ricostruisce le vicende legate all’arrivo in Puglia di Xylella, un batterio che ha causato la più grave epidemia delle piante al mondo.Tutto inizia a Gallipoli, quando gli ulivi cominciano a seccare e morire in un modo mai visto prima. Si mette in moto un vortice di avvenimenti che prende velocità fino a diventare inarrestabile. L’ulivo è l’albero simbolo della civiltà mediterranea ed è ritenuto immortale, le piazze si riempiono di manifestanti che protestano contro le misure di contenimento e la magistratura mette sotto accusa gli scienziati che hanno scoperto la malattia: è la tempesta perfetta. Oggi almeno 21 milioni di ulivi – tra cui molti alberi secolari e millenari, un patrimonio insostituibile – sono morti, è come se l’intera provincia di Lecce fosse stata bruciata da un gigantesco fuoco invisibile. L’epidemia si muove inesorabile verso Nord e rimane aperta una domanda: come è stato possibile? Daniele Rielli segue questa vicenda sin dall’inizio, per anni parla con gli scienziati che studiano il batterio, incontra i negazionisti che non credono alla malattia, ascolta gli agricoltori e i frantoiani che cercano di salvare le loro aziende, studia i documenti, interroga le persone, percorre migliaia di chilometri dentro un territorio che da paradiso terrestre si sta trasformando in un gigantesco cimitero vegetale, perdendo così la sua identità più profonda.Durante questo lungo viaggio Rielli indaga l’antico legame con gli ulivi della sua famiglia, scopre i segreti dell’industria dell’olio, riflette sugli aspetti più paradossali del nostro rapporto con la natura e sull’enorme potere delle storie. Il fuoco invisibile è assieme un romanzo famigliare e il resoconto di un processo alle streghe di Salem nell’era dei social.
Daniele Rielli (1982) ha scritto Odio (Mondadori, 2020), Storie del mondo nuovo (Adelphi, 2016) e Lascia stare la gallina (Mondadori 2015, 2021). Conduce “PDR – Il podcast di Daniele Rielli”.
Pierpaolo Vettori, L’imperatore delle nuvole, Neri Pozza
Dopo il 2026. Vista da lontano sembra una costruzione da fiaba: una lunga linea fortificata di un bianco abbacinante che attraversa quattro Stati nordafricani. Oltre, una striscia di terra desertificata chimicamente; oltre ancora, il Mediterraneo. Benvenuti al Muro, invalicabile barriera per i dannati della Terra che tentano di oltrepassarla ma anche meta turistica alternativa per i ricchi del mondo: la soluzione radicale al problema dell’immigrazione clandestina. Franco Zomer è una guardia muraria, come lo era suo padre; di giorno, dopo aver finto di vagliare i loro documenti, rimanda indietro i migranti che cercano di varcare il confine. Dopo il tramonto, arrivano i clandestini – che un documento non ce l’hanno proprio – la cui sorte spesso si decide in modo violento. Il lavoro delle guardie murarie è una brutale messinscena ritualizzata, le direttive vigenti sono implacabili: nessuno deve passare. Chi si lascia sfuggire un migrante, finisce nella Stanza delle Punizioni. Per resistere alla legge della crudeltà, al Muro tutti fanno uso di anfetamine e stimolanti, fino a quando la malavita locale inonda il mercato con una nuova sostanza, la Moby Dick. L’effetto è straordinario: si può rivivere un momento del passato in cui cambiare le decisioni sbagliate o fatali, modificare il destino. L’illusione di realtà è perfetta, la dipendenza potentissima e immediata. La Moby Dick dilaga incontrollata come un’epidemia, tra i disperati come tra gli aguzzini. Annichilito dalla sofferenza cui assiste ogni giorno e che spesso infligge di persona, anche Franco Zomer vorrebbe riavvolgere la sua vita fino a quel fatidico giorno di un tempo ancora felice. Un tempo in cui, con un dito, poteva spostare le nuvole in cielo e tutto era ancora possibile. Solo così potrà immaginare il futuro, un futuro con il volto di Penelope, la donna che vede ogni volta che chiude gli occhi.
Pierpaolo Vettori (Venaria Reale, 1967) è stato finalista per due edizioni al Premio Calvino e ha esordito con La notte dei bambini cometa (Antigone, 2011), seguito pochi mesi dopo da Le sorelle Soffici (Elliot, 2012). Dopo La vita incerta delle ombre (Elliot, 2014), nel 2018 esce per Bompiani Lanterna per illusionisti. Laureato in lettere con una tesi sulla Swinging London, vive e lavora a Torino. Con questo romanzo ha vinto il Premio Neri Pozza 2021.
Carmen Verde, Una minima infelicità, Neri Pozza
Una minima infelicità è un romanzo vertiginoso. Una nave in bottiglia che non si può smettere di ammirare. Annetta racconta la sua vita vissuta all’ombra della madre, Sofia Vivier. Bella, inquieta, elegante, Sofia si vergogna del corpo della figlia perché è scandalosamente minuto. Una petite che non cresce, che resta alta come una bambina. Chiusa nel sacrario della sua casa, Annetta fugge la rozzezza del mondo di fuori, rispetto al quale si sente inadeguata. A sua insaputa, però, il declino lavora in segreto. È l’arrivo di Clara Bigi, una domestica crudele, capace di imporle regole rigide e insensate, a introdurre il primo elemento di discontinuità nella vita familiare. Il padre, Antonio Baldini, ricco commerciante di tessuti, cede a quella donna il controllo della sua vita domestica. Clara Bigi diventa così il guardiano di Annetta, arrivando a sorvegliarne anche le letture. La morte improvvisa del padre è per Annetta l’approdo brusco all’età adulta. Dimentica di sé, decide di rivolgere le sue cure soltanto alla madre, fino ad accudirne la bellezza sfiorita. Allenata dal suo stesso corpo alla rinuncia, coltiva con ostinazione il suo istinto alla diminuzione. Ogni pagina di questo romanzo ci mostra cosa significhi davvero saper narrare utilizzando una lingua magnifica che ci ipnotizza, ci costringe ad arrivare all’ultima pagina, come un naufragio desiderato. Questo libro è il miracolo di una scrittrice che segna un nuovo confine nella narrativa di questi anni.
Carmen Verde, vive a Roma. Questo è il suo primo romanzo.