Carabinieri, un arresto per calunnia continuata

 

La vicenda in questione, come detto, trae origine dal procedimento penale noto come Piccolo Carro, che ha visto imputato il PRATICÒ, insieme a FICARA Giovanni cl. 64 e ZUMBO Giovani, nel quale il PRATICÒ veniva riconosciuto colpevole del delitto di cui all’art. 416 bis (e per tale motivo condannato ad una pena di anni 15 e mesi 8 mesi di reclusione), per avere, tra l’altro, contribuito a predisporre e collocare una Fiat Marea al cui interno veniva ritrovato un arsenale di armi e munizioni, nel giorno della visita a Reggio Calabria del Presidente della Repubblica, e successivamente tentato di eludere le investigazioni fornendo dichiarazioni false al P.M. ed al difensore di NOCERA Francesco, al fine di confermare la ricostruzione data da quest’ultimo circa il presunto patito furto dell’autovettura da parte di ignoti.

Assolutamente fondamentale, nella ricostruzione di fatti contestati al PRATICÒ, risultavano le emergenze relative all’analisi dei tabulati riguardanti le utenze in uso a quest’ultimo e a NOCERA Francesco nella mattinata del 21.01.10, compendiate nell’informativa del Comando Provinciale Carabinieri di Reggio Calabria del 25.05.10 (in particolare in un’annotazione redatta dal un Maresciallo in servizio presso il Nucleo Investigativo di Reggio Calabria, allegata all’informativa del 25.10.10) e in una nota del R.O.S. del 28.05.10.

In questo contesto investigativo e successivamente nella fase propriamente processuale, si inserisce l’attività tecnico-scientifica svolta da SCHINARDI Daniele a supporto della posizione difensiva di PRATICÒ e concretizzatesi in una “relazione di consulenza tecnica di parte” redatta dal predetto SCHINARDI in qualità di “specialista informatico, audio, video, ponti BTS”.

Nella sua relazione il consulente, non riuscendo a “smontare” l’analisi dei dati oggettivi che aveva portato la P.G. a ricostruire la cronologia dei fatti e gli spostamenti dei soggetti attenzionati nelle indagini, così come riepilogati nell’annotazione di polizia giudiziaria redatta nella circostanza dall’analista dell’Arma che aveva effettuato l’analisi dei tabulati telefonici, si spingeva ad accusare consapevolmente la stessa P.G. di aver manipolato i dati contenuti nei tabulati telefonici, di aver occultato file relativi a presunti tabulati telefonici acquisiti dalla P.G. e non consegnati alla difesa e di avere introdotto quindi nel processo prove false a carico di PRATICÒ Demetrio Domenico o, quantomeno, intralciato l’accertamento della verità per arrecare intenzionalmente un danno ingiusto al PRATICÒ. L’obiettivo perseguito in modo sottile dal consulente (rivelatosi vano) era quello di “neutralizzare” se non azzerare del tutto, la portata probatoria delle risultanze compendiate nell’annotazione di P.G., con effetti potenzialmente devastanti sull’esito del processo: a tale scopo, egli aveva prima evidenziato una serie di gravi (quanto inesistenti) errori commessi dalla P.G. – ingenerando nel lettore la sensazione dell’assoluta inattendibilità delle conclusioni cui erano pervenuti gli inquirenti – quindi aveva lamentato di non essere stato messo in condizione di ricostruire esaustivamente i fatti, a cagione del fatto che la p.g. avesse inquinato le prove, modificando i file trasmessi dalle società telefoniche e giungendo finanche a costruire prove false a carico di PRATICÒ.

Le censure ed i rilievi mossi dallo SCHINARDI nella sua relazione portavano l’A.G. a richiedere alla Polizia Giudiziaria un supplemento di indagini volte a verificare se le gravissime accuse mosse dal consulente avessero un fondamento di verità, circostanza che, qualora fosse stata accertata, avrebbe certamente determinato l’inizio di un procedimento penale a carico del Maresciallo.

L’attività in questione, condotta dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Reggio Calabria, consentiva quindi al P.M., in udienza, durante il controesame del teste SCHINARDI, di dimostrare l’assoluta correttezza dell’operato dei carabinieri e contestualmente la malafede e la falsità delle sue affermazioni, solo in parte ritrattate nel corso della testimonianza resa innanzi al collegio giudicante, di fronte alle insuperabili contestazioni mosse dal Pubblico Ministero.

Parimenti la testimonianza offerta in udienza dal Maresciallo in servizio presso il Comando Provinciale di Reggio Calabria, avvalorata da ineccepibili esplicazioni e da riscontri tecnici puntualmente dedotti dal sottufficiale, consentiva di dipanare senza più dubbi e senza possibilità di letture alternative, la condotta clamorosamente illecita e calunniosa tenuta dallo SCHINARDI tanto nella redazione della sua relazione quanto affannosamente ricercata – senza possibilità di riuscita – nella sua “falsa” testimonianza.

A fronte di tale insuperabile evidenza lo stesso Tribunale di Reggio Calabria, nella sentenza del 4 marzo 2013 pronunciata nell’ambito del Procedimento Penale a carico di PRATICÒ Demetrio Domenico + 2, aveva ritenuto sussistenti gli elementi costitutivi del delitto di calunnia ed aveva disposto la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica che sotto la direzione del Procuratore dott. Federico Cafiero de Raho e con il coordinamento dei sostituti Procuratori Dott. Giovanni Musarò e dott.ssa Sara Amerio procedeva nei confronti di SCHINARDI Daniele.

Quanto alla scelta della misura cautelare, il GIP di Reggio Calabria ha ritenuto adeguata alle esigenze cautelari da tutelare quella degli arresti domiciliari presso l’abitazione dell’indagato, con applicazione del “braccialetto elettronico”.

 

Reggio Calabria, 7 giugno 2014.