Il diario di Aldo Alessio* 9° parte: Obiettivo galleggiare
Da questo osservatorio, oltre il monte Argentario, si possono vedere le isole a NW dell’Elba e a SE di Giannutri; mentre verso W, alle spalle dell’isola, a noi non visibile, c’è la famosa Isola di Montecristo. Il Comune di Monte Argentario è stato insignito dell’onorificenza della Medaglia d’Argento della Regione Toscana per l’impegno, la solidarietà e la generosità offerta in occasione del naufragio della nave Costa Concordia.
Intanto dal processo emergono le telefonate inquietanti fatte dai passeggeri e in particolare sono state ascoltate quelle che alcuni passeggeri hanno fatto al 112 di Grosseto, con le quali informavano i carabinieri sulla gravità della loro situazione di pericolo: “Non vogliono calare le scialuppe, la nave si piega e va sempre giù”. Oppure: “Ci stanno facendo uscire dalle scialuppe, che cosa dobbiamo fare? Aiutateci vi prego, non ci dicono niente, abbiamo dei bambini, ho figli piccoli, aiutateci. Non vediamo niente, la nave va sempre più giù”. E ancora: “Ci stanno massacrando come pecore, mandate qualcuno, presto. La gente si sta buttando dentro le scialuppe. La nave si muove, si piega, ma ci hanno fatto uscire dalle scialuppe”. “Nessuna delle vittime è morta per cause dirette legate all’impatto della nave contro gli scogli del Giglio, tutte hanno perso la vita per cause conseguenti, ma non per l’impatto in sé”.
E l’amaro in bocca non va via
Ciò è la prova evidente che quelle vite potevano essere salvate se il “comando nave” si fosse comportato diversamente. Le immagini shock non vengono mostrate perché troppo dure e raccapriccianti. Chi li avrebbe dovuto aiutare? Forse il comandante Schettino, il quale non curante di tutte quelle invocazioni di aiuto, anziché dare l’ordine di abbandonare la nave e dirigere in prima persona l’intera operazione con l’imbarco di tutti passeggeri sulle scialuppe di salvataggio e la loro messa in mare in sicurezza, ritenendo di non aver null’altro da fare si è recato nella sua cabina per togliersi la divisa di comandante e indossare abiti civili?
Possibile che non si sia reso conto che, spogliandosi di quella divisa di comando, lasciava in quel momento all’interno della sua cabina anche la sua dignità, qualora l’avesse mai avuta? O pensava forse di spogliarsi anche dei suoi doveri e delle sue responsabilità verso i passeggeri, l’equipaggio e la nave? Oppure, ancora, pensava che in abiti civili potesse meglio confondersi tra i passeggeri per non farsi riconoscere e imbarcarsi subito su una lancia di salvataggio, come d’altronde ha poi fatto assieme ad altri suoi valenti ed impavidi ufficiali? Cosa dovremmo aggiungere a quelle dichiarazioni fatte dai passeggeri rispetto alle problematiche sulla sicurezza della navigazione e alle responsabilità del comandante che, nonostante l’ordine che gli era stato impartito dall’ufficiale responsabile alla sicurezza della Capitaneria di Porto – che dirigeva da terra le operazione di soccorso, si è rifiutato di risalire a bordo con la banale motivazione che era tutto buio?
Quelle medaglie affrettate
Cosa dovremmo dire anche di quel famoso commissario di bordo, passato per eroe e subito premiato, senza alcuna verifica dei fatti, con una medaglia d’oro al valor civile? Oggi sappiamo che si sarebbe fratturato la gamba non nel tentativo di salvare dei passeggeri, bensì mentre stava cercando anche lui di scappare dalla nave prima degli altri e in quella sua rocambolesca fuga disperata non si è minimamente degnato neanche di ascoltare le numerose grida di aiuto che provenivano dai passeggeri, rimanendo lì, a sua volta bloccato e non potendosi più muovere a seguito della frattura riportata, dove è stato giorni dopo trovato e salvato dai soccorritori. Al momento della premiazione la medaglia se l’è presa senza fiatare. Non ha avuto neanche la dignità di rifiutarla quella medaglia e avrebbe fatto sicuramente una figura migliore se ci avesse subito spiegato le ragioni per le quali non ne sarebbe stato degno.
Ma, di quali valori e di quali uomini stiamo parlando? Non sono certamente questi gli uomini che i nostri giovani dovrebbero emulare. Comunque, alla fine del processo, spetterà sempre alla magistratura giudicare le singole o collettive responsabilità penali su quanto è avvenuto, anche se ritengo che ciascuno di noi ha già espresso un suo giudizio morale su questi deplorevoli e vigliacchi comportamenti di alcuni componenti l’equipaggio i quali, a loro volta, risultano dai corsi fatti e dalla certificazione in loro possesso di essere perfettamente addestrati su come fronteggiare queste emergenze.
Il cassone firmato Fincantieri
I lavori procedono speditamente, a dimostrazione che c’è la volontà, da parte di tutti, salvo eventuali imprevisti di natura tecnica, di liberare l’isola del Giglio dal relitto della “Costa Concordia” entro il mese di giugno. Comunque rimango sempre con le mie perplessità e quindi il tutto potrebbe slittare anche a settembre. Il 26 di Aprile è arrivato il primo dei 15 cassoni che dovranno essere sistemati lungo la fiancata dritta della nave. Questi cassoni sono indispensabili per portare il relitto in galleggiamento e renderlo quindi navigabile sino al suo trasferimento nel cantiere di demolizione.
Allo stato attuale la Costa Crociere non ha ancora sciolto il nodo dove sarà smantellata la Concordia e questo potrebbe essere un ulteriore motivo di rallentamento se non addirittura di sospensione dei lavori in corso, con la giustificazione di voler venire anche incontro alle giuste esigenze poste dagli isolani, preoccupati che la stagione turistica potrebbe essere a rischio. Il cassone, proveniente da Genova e costruito dalla Fincantieri, è stato trasportato su una enorme chiatta rimorchiata da un rimorchiatore. Dopo aver posizionato il cassone a poppa del fianco dritto del relitto è stato agganciato con 4 robuste fune di acciaio e sollevato con estrema facilità dalla potente gru della “Conquest MB 1” per il suo posizionamento e affiancamento alla murata del relitto a contatto delle grandi piastre (bumper), come da programma.
Verso il galleggiamento del relitto
In data 27 Aprile sono arrivati su una seconda grande chiatta altri due cassoni, ma un ulteriore inconveniente tecnico che non ha permesso l’aggancio delle catene al primo cassone, con lo speciale innesto chiamato “swevel”, ha bloccato temporaneamente il proseguo del lavoro di posizionamento dei nuovi cassoni appena arrivati. L’inconveniente tecnico era dovuto al fatto che le catene precedentemente sistemate sotto la carena avevano una lunghezza leggermente inferiore a quella necessaria, ragion per cui due Motopontoni con le rispettive squadre di sub hanno operato per allungare le catene quanto basta per sistemare definitivamente il cassone alla murata del relitto. In questa attesa i due cassoni trasportati dalla chiatta, sono stati portati a passeggio sul mare, giorno e notte in gita panoramica, quasi a voler fare osservare loro le bellezze naturali dell’intero arcipelago toscano prima ancora di essere definitivamente fissati alla murata del relitto.
Abbiamo visto giornalmente questi enormi cassoni andare in giro, lento moto, da una parte all’altra dell’arcipelago, soprattutto perché il comandante del rimorchiatore che li trasportava doveva sempre tenersi in acque sicure e tranquille rispetto al cambiamento generale dello stato del mare e del vento. In questi giorni sul motopontone sul quale lavoro, dopo aver imbarcato alcuni container contenenti una serie di attrezzatura sofisticata, i tecnici e i sub hanno allestito una speciale “macchina da taglio” (cutting machine) che funziona con un sistema oleodinamico (con olio biodegradabile) e che fa girare un “cavo diamantato” per tagliare sott’acqua enormi tubi di acciaio dal diametro di 120 cm e con lo spessore di 5 cm.
All’interno di uno di questi container c’è installato il centro operativo, attrezzato con computer e schermi video, per seguire passo passo il lavoro che i sub devono fare in profondità. In coperta sono state fatte le prove di taglio e poi è iniziato il lavoro vero e proprio sott’acqua. Il tempo impiegato per tagliare questi singoli tubi varia da due a tre ore.
In questi giorni i sub hanno tolto i pali in acciaio che rinforzavano la tenuta del “falso fondale”, sul quale poggia la carena del relitto e sono stati sollevati con la gru del pontone e imbarcati su una bettolina per essere trasportati a Piombino, dove c’è il cantiere deposito dell’intera operazione.
I sub che tagliano nel paradiso dell’Argentario
Adesso con la “macchina da taglio” i sub hanno iniziato a tagliare questi enormi tubi che formano sul falso fondale una barriera rialzata che sarebbe dovuta servire inizialmente, prima che il relitto fosse stato posizionato in assetto verticale, per arrestare un eventuale ulteriore scivolamento del relitto in profondità. Questa operazione è propedeutica alla fase di messa in galleggiamento del relitto in modo tale che durante le operazioni di galleggiamento il relitto non possa incontrare alcun ostacolo per la sua rimozione.
Il primo maggio, festa del lavoro, ma non sicuramente per i milioni di disoccupati ed inoccupati italiani, è stato agganciato dalla gru della “Conquest MB1” il secondo cassone per essere posizionato, mentre l’altro continua il suo pellegrinaggio nelle splendide acque toscane incrociandosi con numerosi yacht che veleggiano e con i traghetti che collegano giornalmente l’Isola del Giglio con Porto Santo Stefano. Sullo sfondo, proveniente da nord e diretto verso sud, appare un tre alberi con le sue enormi vele bianche che sta attraversando le acque dell’Argentario. Il panorama è meraviglioso. Il quadro d’insieme è pittoresco!
Aldo Alessio*
Capitano
già sindaco di Gioia Tauro