Il diario di Aldo Alessio* 10° parte: La Concordia e le cronache del Belpaese
Durante la notte, prima che si rafforzasse il vento e il mare da SE, abbiamo salpato l’ancora e ci siamo recati per dare fondo nella baia di Campese, lì siamo rimasti al riparo sino alle 10.30 del giorno successivo. Dopodiché, a seguito del cambiamento delle condi-meteo, siamo rientrati nuovamente a Cannelle per ripararci dal maltempo proveniente da Nord. Durante la traversata diurna abbiamo avuto modo di ammirare anche la bellezza dell’isola nella sua parte più settentrionale nel versante a Ovest.
La costa si è confermata scoscesa e impenetrabile dal mare, fatto salvo una piccola spiaggetta sita in località Campese. Le rocce, formate da antichi graniti, risultavano largamente coperte, fino a pochi metri dal mare, da un’associazione floreale tipica della macchia mediterranea; la vegetazione arborea era formata soprattutto da ulivi, castagni e pini.
Sopra Campese, nel bosco di “Mezzo Franco”, vive una popolazione di circa 15 mufloni che non sono una specie naturale dell’isola, bensì sono stati introdotti nell’isola alcuni anni fa da un privato cittadino. Nella parte a SW della baia c’è una località chiamata “Punta Faraglione” perché si fronteggia con uno sperone di roccia che si leva dal mare e che ricorda in qualche modo il più famoso “Faraglione” dell’Isola di Capri. La popolazione di gabbiani che vive sull’isola, oltre a nidificare tra gli anfratti di queste rocce, una parte di essi si è urbanizzata e con tranquillità convive con i cittadini gigliesi.
Li vedi volare e passeggiare qua e là, tra le strade e le viuzze, in continua ricerca di cibo, senza alcun timore della presenza dell’uomo; qui nell’Isola del Giglio hanno occupato il posto che i piccioni hanno a Venezia in Piazza San Marco. Mentre da noi, quando vedi i gabbiani sulla spiaggia della Marina di Gioia, nel mentre ti avvicini, già ad una distanza di 100 metri, prendono subito il volo.
Schettino è un alibi comodo
Qualche giorno prima che io arrivassi all’Isola del Giglio, il comandante Schettino, due anni dopo il naufragio, è ritornato a bordo della Concordia. Ha visitato la sala dove c’era il generatore d’emergenza ed ha scattato alcune foto, riprendendo anche lo scoglio dove lui sbarcò la sera del naufragio. Non sono stato tenero nell’esprimere i miei giudizi sul comandante Schettino che, in quella vicenda, ha incarnato i peggiori vizi dell’uomo (fedifrago, bugiardo, esibizionista, individualista, incapace e vigliacco). Quindi, fermo restando che il comandante Schettino ha avuto la massima responsabilità sul naufragio e sulle 32 vittime innocenti, c’è da domandarsi: la responsabilità fu solo di Schettino? Oppure dobbiamo chiederci se ci possono essere anche altre responsabilità che hanno contribuito al disastro? E’ possibile che non ci sia nessuna responsabilità del management, cioè della società di gestione della nave? Nessuna responsabilità del D.P.A. (Designated Person Ashore), cioè del responsabile della sicurezza della nave della società di gestione?
Nessuna responsabilità del C.S.O. (Company Security Office), cioè del responsabile della sicurezza della nave della compagnia di navigazione? Nessuna responsabilità delle Autorità Marittime e delle Istituzioni che in tutti questi anni hanno consentito il passaggio della nave fin sotto l’entrata di Porto Giglio? Nessuna responsabilità della Costa Crociere che ha sempre accettato indirettamente, in una specie di silenzio assenso, che la nave facesse la gimkana tra gli scogli delle “Scole”, utile alla Società di Navigazione per un ritorno d’immagine pubblicitaria, salvo poi asserire, dopo il naufragio, che: “Quel che è certo è che la nave non doveva essere là”?
Eppure, le “Cronache del Belpaese” ci raccontano e ci insegnano che molti fatti in Italia avvengono sempre all’insaputa di qualcuno. E’ ormai storia corrente delle cose che in Italia possono capitare “a loro insaputa” ad ignari, illustri ed innocenti protagonisti: cene con ragazze di minore età, appuntamenti ed incontri con “escort” minorenni, acquisti di appartamenti a metà prezzo con vista sul Colosseo, sino agli inchini che si facevano al Giglio all’insaputa della Costa Crociere.
Anche il sindaco del Giglio ha dimenticato di aver inviato una lettera il 9 Agosto 2011 all’allora comandante della Concordia, Massimo Garbarino, con la quale ringraziava per lo “spettacolo unico nel suo genere diventato una irrinunciabile tradizione” offerto dalla nave “Costa Concordia” che aveva sfiorato persino l’entrata del porticciolo di “Porto Giglio”, salvo poi, al processo, andare a prendere posto tra le persone offese. Al processo c’è anche “una mare di carte” da leggere: di oltre 20.000 pagine è composto il faldone principale e vi sono oltre 2.000 Gigabyte di dati memorizzati su hard disk.
Le molteplici concause
La Società di Gestione (Management) non ha nessuna responsabilità sull’accaduto? Quali indagini sono state svolte, dopo l’incidente, sul malfunzionamento degli impianti di emergenza? Perché quel gruppo elettrogeno che è andato subito in avaria si trovava proprio a ridosso di quella murata sventrata dallo scoglio? E’ stato verificato se dopo l’impatto ci sono stati cedimenti delle porte stagne, dei portelloni e degli oblò che potrebbero aver accelerato la variazione di assetto e quindi il ribaltamento della nave? Cosa sappiamo se prima dell’impatto tutte le porte stagne erano chiuse oppure se nella procedura corrente adottata dalle navi della Costa Crociere, in violazione alle norme di sicurezza, si indicava la possibilità di navigare con alcune porte stagne aperte?
Certo, è giusto concentrare le indagini sulla massima responsabilità del comandante Schettino e dei suoi ufficiali, ma non vanno trascurate neanche le altre eventuali responsabilità: quelle della Società di Gestione e della Compagnia Costa Crociere. La legge 271 del 29 luglio 1999 sulla “sicurezza e salute dei lavoratori marittimi a bordo delle navi mercantili” è stata rispettata? La nave con i suoi sistemi di sicurezza, l’organizzazione, la formazione e l’addestramento dell’equipaggio era a posto? Tutto era in regola? Sicuramente sulla carta tutto risultava in regola: gli innumerevoli ed inutili “forms” erano stati tutti riempiti e messi ordinatamente al loro posto, così come il “Piano di Viaggio” che certamente indicava rotte più sicure.
In questa tragica vicenda non possiamo dimenticarci di quelle 32 vittime innocenti, ecco perché non serve e nemmeno dobbiamo cercare un “capro espiatorio”. Con queste domande e con questi punti interrogativi non intendo minimamente mettere in dubbio le gravissime responsabilità del comandante Schettino, ma intendo mettere in risalto la necessità di ben individuare il quadro più complesso delle responsabilità che hanno concorso direttamente o indirettamente a causare questo tragico e doloroso avvenimento, serve quindi grande chiarezza non solo per amore della verità e per rendere giustizia ai morti, ma soprattutto per impedire che in futuro, nella storia del mare, fatti analoghi non si possano ripetere mai più.
Aldo Alessio*
Capitano
già sindaco di Gioia Tauro