Relazione DNA. Chiesa e media possono fare di piu contro la ‘ndrangheta.
‘numero che appare enorme se si pensa che Rosarno ha solo 14.000 abitanti. Dunque, escluse donne, vecchi e bambini, esistono non piu’ di 3.000-3.500 uomini abili ed arruolabili, il che vuole dire che circa un uomo adulto su 10 e’ affiliato con il vincolo del giuramento”. E se si aggiungono ‘amici’ e fiancheggiatori, ”significa che mediamente quasi ogni nucleo familiare conta un affiliato o un soggetto legato alle cosche locali”. Insomma, ”si ha la chiara percezione di un territorio totalmente ed integralmente in mano alla ‘ndrangheta”. In questo contesto, il contrasto non puo’ essere affidato solo all’attivita’ investigativa e repressiva, ma anche a ”risposte strutturali” da parte della societa’ civile, che le consentano di ”affrancarsi dalla ‘ndrangheta”. A questo riguardo la Dna cita ”due fondamentali istituzioni, i media locali da un lato e la Chiesa dall’altro, che hanno un ruolo fondamentale nella formazione dell’opinione pubblica e delle coscienze” e che hanno ”ampi margini di miglioramento nella loro azione di contrasto alla cultura mafiosa”. ”La ‘ndrangheta, infatti – si legge nella Relazione – vive in un mondo che non e’ solo fatto di omicidi e traffici globalizzati, ma di una cultura che ha al suo centro anche Madonne, Santi e riti parareligiosi. E cio’, in Calabria, avviene da generazioni. In ampi strati della coscienza collettiva si e’ stratificata l’idea che la legittimazione sociale della ‘ndrangheta, il suo essere una inevitabile componente della societa’ calabrese, trovi un supporto anche nel sentire religioso”. Quanto ai media, secondo la Dna non viene svolta una adeguata opera di informazione focalizzata sulla Calabria, poiche’ e’ li che la ‘ndrangheta deve essere ”sradicata definitivamente”, e’ da li’ che ”deve necessariamente partire il contrasto”, da considerarsi ”come la lotta ad una epidemia, alla fame, alla miseria, al cancro”.