Operazione “Mediterraneo” 54 arresti contro la cosca Molè di Gioia Tauro. Dettagli Foto e video
( nota stampa) – Nella mattinata odierna i Carabinieri del ROS e del Comando Provinciale di Reggio
valore ancora più significativo laddove correlata alle antecedenti attività di contrasto condotte dal ROS, culminate con le note operazioni convenzionalmente denominate UCent’anni di storia” e UMaestro”.
Giova infatti fare breve cenno all’ omicidio del boss MOLE’ Rocco, ilIo febbraio 2008, che ha rappresentato una sorta di spartiacque nell’ ambito degli equilibri criminali propri dello versante tirrenico dell’ alta provincia reggina, determinando la sostanziale frattura dello storico sodalizio con la ‘ndrina PIROMALLI, e l’affermazione delle due cosche come entità autonome, operative sul medesimo territorio.
L’attacco frontale subito dalla cosca MOLE’ con eliminazione dell’unico dei tre fratelli in libertà imponeva dunque una necessaria riorganizzazione, in linea con la strategia dettata 1 nell’immediatezza del fatto di sangue proprio dal capo storico MOLE’ Girolamo cI.’61 che, dal carcere di Secondigliano (NA) ove era recluso, impartiva ordini alla famiglia – pedissequamente osservati – incentrati sul temporaneo allontanamento da Gioia Tauro verso Roma, sul periodico rientro a Gioia Tauro (RC) e sulla necessità di prendere tempo
per raccogliere le forze e reagire all’ affronto subito.
L’indagine ha riscontrato a pieno quanto sopra, fotografando una ‘ndrina impegnata su più fronti, in ragione dell’ esigenza – da un lato – di continuare a manifestare la propria piena operatività sul territorio, indispensabile ai fini dell’ affermazione e del mantenimento del proprio 11 ruolo” I e della necessità – dall’ altro – di conquistare nuovi spazi fuori dai confini calabresi, finalizzati all’ampliamento del raggio d’azione ed al successivo reinvestimento dei maggiori proventi illecitamente conseguiti in attività produttive. Si assisteva infatti al graduale trasferimento di traffici ed interessi su tutto il territorio
nazionale e soprattutto in direzione della Capitale ove veniva registrata la presenza di diversi elementi di vertice.
Deriva laziale della cosca MOLE’I maturata non soltanto in ragione dei citati “fattori interni”, ma anche da “fattori esterni”, compendiabili nella citata continua e pressante azione di contrasto esercitata negli anni dagli apparati dello Stato.
Era infatti soprattutto la sempre più incisiva applicazione delle normative in materia di misure di prevenzione patrimoniale ad indurre anche la cosca oggetto delle investigazioni a ricercare ogni possibile accorgimento finalizzato ad eludere tali disposizioni di legge, sì da assicurare al sistema nel suo complesso la necessaria tenuta. Ciò ha infatti implicato la necessità di rendere sempre più difficilmente tracciabili i patrimoni illecitamente conseguiti, sia sotto il profilo prettamente Il geografico” – attraverso lo sviluppo dei molteplici illeciti interessi in zone meno “battute” – sia dal punto di vista delle stesse modalità di gestione ed amministrazione delle risorse in questione, sempre più accorte e raffinate.
Il risultato investigativo ottenuto ha reso possibile contrastare e colpire l’organizzazione tanto in Calabria, nel centro vitale dell’ accumulazione originaria in termini di potere criminale ed economico in senso stretto, quanto nelle altre aree del territorio nazionale ove la cosca MOLE’ ha inteso stabilire le proprie promanazioni.
2 Dato significativo, che va qui certamente ripreso e valorizzato, costituente un po’ il file rouge dello sviluppo investigativo, è costituito dalla costante guida del sodalizio da parte del boss detenuto MOLE’ Girolamo cl.’61 che, come si vedrà, nonostante le difficoltà legate al regime detentivo ha continuato ad imporre la sua linea dettando i tempi.
Il tutto con grande accortezza, apprezzabile soltanto con occhi attenti e da profondi conoscitori di determinate dinamiche; laddove infatti, ad esempio, emergeva in precedenti impegni investigativi il tentativo di trasmettere “imbasciate” attraverso veri e propri messaggi criptati, da decodificare (emblematico quanto riscontrato proprio in occasione del libro – “Lo Zahir” di Paulo Cohelio, che MOLE’ Girolamo passò ai familiari, unitamente al codice necessario alla decriptazione dei messaggi ivi contenuti), nella fattispecie veniva invece fatto più frequente riferimento a metafore, laddove non a gesti e/ o segni convenzionali.
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L’indagine “MEDITERRANEO” ha visto uno sviluppo su tre segmenti principali rispettivamente attinenti:
le attività di narcotraffico, attraverso le quali il sodalizio riusciva ad assicurare un regolare flusso di ingenti quantitativi di hashish e cocaina in entrata sulla Capitale, sfruttando ben tre direttrici di approvvigionamento ed il connesso ricorso ad una strutturata rete di sodali italiani e stranieri. Le attività tecniche consentivano in progressione di individuare e trarre in arresto anche tutto il primo livello della filiera di distribuzione;
i traffici di armi, con l’individuazione dei canali di rifornimento utilizzati dalla cosca MOLE’ in relazione al reperimento di armi lunghe e di silenziatori artigianali per pistola, realizzati da un “insospettabile” artigiano di Gioia Tauro (RC). L’approfondimento investigativo in direzione di quest’ultimo conduceva
peraltro successivamente all’ emersione d’un traffico internazionale di armi di provenienza slovacca
3 le attività di reinvestimento dei capitali illecitamente ottenuti, nell’ acquisizione di immobili ed esercizi pubblici, e nel connesso sfruttamento del quanto mai attuale business delle slot machines, i cui proventi venivano regolarmente indirizzati nella cassa comune del sodalizio. In tale ambito emergevano in
particolare due centri medico/clinici, rispettivamente siti in Gioia Tauro (RC) e Terni, nonché diversi esercizi pubblici/ sale da gioco, tra Calabria e Lazio, oggetto di sequestro nel corso dell’ operazione.
Le attività di narcotraffico
Le indagini hanno permesso di documentare compiutamente i significativi traffici di stupefacenti avviati e condotti dalla cosca MOLE’, dalle complesse e variegate dinamiche legate all’introduzione sul territorio nazionale di centinaia di chilogrammi di hashish e cocaina e la loro successiva immissione sul mercato, al percorso seguito dagli ingenti proventi realizzati.
Lo spessore criminale ed una grande capacità di adattamento hanno infatti consentito alla ‘ndnna gioiese di operare anche sulla piazza capitolina e sul comprensorio di Civitavecchia (RM). Punti di forza l’assoluta perizia ed un modus operandi consolidato, fondato su una direzione strategica da parte dei vertici di cosca e sul loro ricorso ad una figura apparentemente non riconducibile all’ organizzazione criminale
di riferimento, così più difficilmente traccia bile – il gioiese FURF ARO Arcangelo cI.’69 – cui veniva emandata la complessiva conduzione operativa delle attività di narcotraffico.
Era il capo storico MOLE’ Girolamo, nonostante le difficoltà legate allo stato detentivo in regime di carcere duro, a fornire le direttive e dettare ì tempi: emblematica la lettera inviata al fratello recluso Domenico nell’ aprile del 2012, nell’ ambito della quale facendo riferimento alle vicende sentimentali del figlio minore, anch’ egli raggiunto da ordinanza di custodia in carcere emessa dal GIP presso il Tribunale dei Minorenni su richiesta della competente Procura, lasciava intendere come questi avesse assunto da
tempo, seppur in maniera defilata, il controllo delle operazioni:” … quelfaccia tosta del piccolo come saprai è insieme da 4 – 5 anni assieme alla figlia di non mi ricordo il 4 nome ma la sorella di Lino FURFARO nostro compagno di scuola1 … ( … )”. Era in effetti proprio il rampollo della famiglia mafiosa a costituire punto di riferimento di quest’ultimo e terminale dei proventi illecitamente realizzati: ciò tanto attraverso i regolari rientri del FURFARO in Calabria, allorquando consegnava quanto dovuto direttamente al primo o in occasione degli incidentali spostamenti dello stesso MOLE’ a Roma. Introiti assolutamente significativi: basti pensare al prezzo di vendita dello stupefacente, che si aggirava tra i 1.400/1.700 euro al kg per l’hashish, ed i 40.000/45.000 euro al kg per la cocaina.
Centro propulsore delle attività permaneva dunque Gioia Tauro (RC), ove operavano i vertici del sodalizio in stato di libertà, mentre nella Capitale veniva gestita la distribuzione, nell’ ambito di due anonimi appartamenti del centralissimo quartiere di San Giovanni, distanti appena 100 metri l’uno dall’altro, accoglienti rispettivamente il sedicente imprenditore FURF ARO Arcangelo con il proprio nucleo familiare, nonché la squadra da questi messa in campo – costituita un ristrettissimo nucleo di conterranei
proiettati in area laziale, intranei alla cosca – in grado di assicurare al sistema nel suo complesso le necessarie garanzie di tenuta.
Erano infatti solo ed esclusivamente PAVIA Annunziato cl.’70, STANGANELLI Carmelo cl.’69, SACCA’ Pasquale cl.’68, BABA KHAYI Ayoub cl.’89 e RITROVATO Vincenzo cl.’91 ad occuparsi del trasporto dello stupefacente sulla Capitale.
L’abitazione in questione vedeva la saltuaria presenza anche dei soggetti più rappresentativi della cosca quali il minore, di cui si è detto sopra, o il fratello MOLE’ Antonio cl.’89, soprannominato IIIU niru” nonché qualificati rappresentanti della cosca vibonese dei MANCUSO e del gruppo albanese.
Aspetto determinante in tali dinamiche risulta rappresentato proprio dalla rinnovata joint venture dei MOLE’ con la cosca vibonese dei MANCUSO – rappresentata da MANCUSO Giuseppe Salvatore cl.’89, figlio del noto Pantaleone cl.’61 – con i quali veniva gestito uno dei 3 canali di approvvigionamento di stupefacente.
MOLE’ Rocco infatti risultava fidanzato con SCIARRONE Demetra, nipote di FURFARO Arcangelo. Quest’ultimo
peraltro non avrebbe mai potuto essere compagno di scuola dei MOLE’, dai quali lo separano anagraficamente
quasi lO anni.
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Alle partite in arrivo dalla Calabria, si aggiungevano quelle regolarmente in arrivo attraverso l’asse Marocco – Spagna – Francia. Al contempo, grazie al supporto fornito da radicata componente albanese, la cosca gestiva lo stoccaggio e lo smista mento di significativi carichi di cocaina, introdotti direttamente dai Balcani sul territorio nazionale.
I traffici di armi
L’indagine “Mediterraneo”, tra i vari aspetti, consentiva di approfondire e documentare altro aspetto assolutamente significativo, ovvero quello attinente la disponibilità di armi da parte della cosca MOLE’.
La ‘ndrina oggetto delle investigazioni manifestava infatti tutto il proprio elevato potenziale offensivo: molteplici le conversazioni nell’ ambito delle quali veniva manifestata chiaramente la disponibilità di un vero e proprio arsenale, attraverso la detenzione di “fucili, mitragliette, pistole e silenziatori”.
Peraltro proprio il minore dei MOLE’, di cui si è detto, costituiva parte attiva della compravendita delle armi che venivano acquistate in provincia di Vibo Valentia attraverso l’intermediazione di persone pure raggiunte dalla ordinaza di custodia cautelare.
Elemento di assoluta importanza veniva quindi fornito dall’individuazione del canale di rifornimento della cosca di silenziatori artigianali per pistola, realizzati da un “insospettabile” artigiano di Gioia Tauro (RC), BELFIORE Giuseppe d.’41, forte della copertura fornita dall’ officina meccanica della quale era titolare e nell’ ambito della quale svolgeva le proprie” ordinarie” attività lavorative.
L’approfondimento investigativo in direzione del citato BELFIORE Giuseppe, conduceva successivamente all’ emersione del traffico internazionale di armi da questi pianificato unitamente al figlio Marino2 ed un ristretta componente di sodali italiani e di nazionalità slovacca. Il gruppo si dedicava infatti ad una serrata attività di riciclaggio di mezzi d’opera, oggetto di furto sul territorio nazionale, opportunamente
BELFIORE Marino veniva arrestato in data 31 marzo 2014 in Rizziconi (RC), dalla Guardia di Finanza di Reggio
Calabria, poiché trovato in possesso di dieci kalashnikov, due mitragliette e cinque pistole con numero di matricola punzonato, e relative munizioni.
6 “ribattuti” e reimmessi in circolazione, il tutto finalizzato alla raccolta dei fondi necessari all’avvio delle importazioni.
Giova in tale quadro fare riferimento all’ arresto di BELFIORE Marino che, a distanza di qualche mese, nel marzo 2014, veniva tratto in arresto dalla Guardia di Finanza, poiché fermato nelle campagne di Rizziconi (RC) con un’ autovettura carica di armi provenienti dalla Slovacchia, tra kalashnikov, armi lunghe, pistole con matricola abrasa e munizionamento di ogni genere.
Le attività di reinvestimento
La progressione investigativa consentiva di “chiudere il cerchio”, laddove venivano approfonditamente documentate anche le complessive attività di reinvestimento della cosca MOLE’, tanto nella gestione di diversi esercizi pubblici/ sale da gioco tra Calabria e Lazio, nell’ambito della quale riuscivano – tra l’altro – ad acquisire una posizione importante nel delicato settore delle slot machines, imponendo
l’installazione di decine di macchinette.
Il lucroso business delle sale giochi e, segnatamente, delle slot machines, vedeva infatti una sostanziale joint venture di più imprese, grazie all’ operato del binomio GALLUCCIOjMAZZITELLt che riusciva ad amministrare decine di macchinette, installate nell’ ambito di numerosi esercizi pubblici siti tra le province di Roma e Latina.
La perizia evidenziata da GALLUCCIO Giuseppe veniva acclarata anche dalle modalità di controllo dei vari esercizi, resa più agevole dallo sfruttamento delle telecamere ivi installate e che seguiva direttamente dalla propria abitazione.
Come accennato potevano distinguersi a pieno i 3 livelli “gestionali” (gestore del locale/GALLUCCIO – MAZZITELLI – MOLE’) che riportavano il complesso degli interessi alla criminalità organizzata e, segnatamente, ai MOLE’.
Congiuntamente all’ ordinanza di custodia cautelare è stato emesso decreto di sequestro preventivo di alcune società riconducibili all’ associazione mafiosa.
Reggio Calabria 24 giugno 2014
Il Procuratore della Repubblica
Federico Cafiero de Raho