Gioia Tauro, sequestrati beni per un valore di 325 milioni a imprenditore
Le aziende operano nei settori oleario, immobiliare, alberghiero, alimentare e in quello delle energie rinnovabili. Sequestrati, inoltre, 39 immobili comprendenti appartamenti e terreni per un estensione di oltre 1000 ettari ubicati in Calabria, tra la Piana di Gioia Tauro e Borgia (Cc); otto automezzi; 385 titoli dell’Agea, concernenti il diritto alla percezione degli aiuti comunitari, dal valore ammontante a circa 16.180.000 euro, somma stimata che sarebbe stata percepita nei prossimi 10 anni , in costanza dell’attuale normativa); disponibilita’ finanziarie aziendali e personali, in fase di quantificazione, rinvenute in 52 istituti di credito, per complessivi 415 rapporti di varia natura. Tra i beni societari figurano il 50% delle quote sociali e il patrimonio aziendale dell’albergo a 4 stelle “Grand hotel don Juan”, ubicato sul lungomare di Giulianova (Te); l’intero capitale sociale e patrimonio aziendale della struttura alberghiera “Villa Fiorita”, situata pure a Giulianova; il resort ristorante “il feudo degli ulivi”, di Borgia, in provincia di Catanzaro; l’intero capitale sociale e relativo patrimonio della societa’ “Borgia Eolica Srl” , con sede a Ravenna, che gestisce un parco eolico a Borgia (CZ). Inoltre sono stati sequestrati l’intero capitale sociale ed il patrimonio di note aziende nel settore della lavorazione dell’olio tra le quali: la Oliveri Vincenzo Srl e la Oliveri Vincenzo ditta individuale, la Calabragricola Srl, la I.C.O. Srl. Per il Tribunale, l’ingente patrimonio e’ da sequestrare sia perche’ e’ vistosamente sproporzionato rispetto alle capacita’ reddituali dell’imprenditore sia perche’ i beni aziendali e personali sono stati ritenuti reimpiego di capitali illeciti. Vincenzo Oliveri, 59 anni, e’ figlio del defunto Matteo Giuseppe Oliveri, e fratello di Antonio, 48 anni, da tempo stabilitosi in Abruzzo, con cui e’ socio in numerose iniziative imprenditoriali ed insieme ai quali, sin dagli anni ’80 e’ stato coinvolto in numerosi procedimenti penali che hanno interessato in particolare le numerose aziende del Gruppo per la commissione di reati associativi finalizzati alla truffa aggravata, frode in commercio, emissione ed utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, strumento prediletto per ottenere indebitamente i contributi aima (ora Agea), erogati nel settore agricolo, per la produzione, lavorazione e commercializzazione dell’olio d’oliva. Vincenzo Oliveri, il fratello Antonio e il padre Matteo Giuseppe furono arrestati, con altre tre persone, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare, emessa il 26 luglio 2010 dal G.I.P. del Tribunale di Palmi (Rc), per i reati di associazione per delinquere, truffa aggravata ed altro, in ordine all’indebita percezione di contributi erogati ai sensi della legge 488/1992, tesa a favorire lo sviluppo delle attivita’ produttive nelle aree depresse, con erogazioni di somme a titolo di agevolazioni finanziarie pubbliche, in parte a fondo perduto, con ingiusto profitto a vantaggio di aziende del Gruppo Oliveri e danno per lo Stato e l’Unione Europea. Nello stesso contesto fu sequestrato l’intero patrimonio del gruppo, stimato in circa 700 milioni di euro, che venne successivamente mantenuto solo per la parte, quantificata in quasi 18 milioni di euro, corrispondente al profitto del reato (vale a dire ai contributi illecitamente percepiti ex legge 488/1992 negli anni 2003 e 2004). Le indagini consentirono di contestare condotte illecite a carico degli Oliveri, attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti. Il Gip del Tribunale di Palmi (RC), in merito ai fatti in questione, nel maggio del 2012, ha disposto il rinvio a giudizio nei confronti degli Oliveri. Attualmente e’ in corso il processo davanti al Tribunale di Palmi. Le aziende del Gruppo Oliveri, secondo la Dia, dall’anno 1996 in poi hanno ottenuto finanziamenti pubblici per oltre 85 milioni di euro, cui occorre aggiungere le ulteriori ed ingenti somme erogate dall’Agenzia per l’Erogazioni in Agricoltura (Agea – ex Aima), pari a 15,5 milioni di euro, di cui avrebbero direttamente beneficiato Vincenzo Oliveri ed il suo nucleo familiare.